Quale miglior modo per dare un tocco di femminilità ed eleganza al portamento di una bella scarpa con tacco alto?

É un accessorio che si è prepotentemente imposto tra gli imperativi della moda già dal XVI secolo, soprattutto a Venezia, dove le donne dell’aristocrazia erano solite sfoggiare tacchi tanto più alti quanto più alto era il loro livello sociale: la suola poteva raggiungere anche i 54 centimetri…e in questi casi ovviamente la nobildonna doveva essere necessariamente sostenuta da una cameriera personale durante la deambulazione.

Portare abitualmente i tacchi alti può però avere dei risvolti spiacevoli, non è un segreto per nessuno:

• sovraccarico e deformazione delle articolazione del piede, soprattutto nella direzione del valgismo dell’alluce poiché il peso grava totalmente sull’avampiede per un tacco sopra agli 8 cm

• sovraccarico del comparto mediale e dell’articolazione femore-rotulea del ginocchio con predisposizione all’artrosi

• sovraccarico dell’articolazione dell’anca a causa dell’alterazione della distribuzione del carico che grava tra cortile e testa del femore

• sovraccarico della zona del rachide lombare che per forza di cose deve raggiungere l’iperlordosi per riadattarsi alla nuova postura imposta dal tacco

Un’importante alterazione nella distribuzione dei carichi sulle articolazioni aumenta di molto il rischio di sviluppare precocemente una patologia artrosica a causa delle modificazioni posturali che si hanno camminando con i tacchi. Vediamo nel dettaglio quali sono:

• le ginocchia vengono mantenute in leggera flessione determinando un’iperlordosi lombare e di conseguenza un’esasperazione della cifosi dorsale, mentre l’anca é costretta ad una leggera flessione favorente l’accorciamento dell’ileo-psoas

• il piede appoggia al suolo in flessione plantare (equino) determinando un accorciamento del tricipite surale (polpaccio)

• il bacino deve mantenere un’innaturale antiversione di circa 10 gradi affinché il baricentro possa essere mantenuto all’interno della fisiologica base d’appoggio

Questi adattamenti posturali determinano anche un’alterazione del timing di attivazione muscolare, cioè della sequenza di attivazione della muscolatura da parte del cervello per compiere un gesto o un movimento, con conseguenti meccanismi di destabilizzazione delle fisiologia di tutto il sistema muscolo-scheletrico.

Il discorso di alterazione di distribuzione dei carichi sulle superfici articolari non cambia neppure se le superfici in questione sono protesiche:

se la deambulazione avviene a ginocchio flesso per adattarsi al piede tenuto in flessione plantare a causa dell’altezza del tacco, inevitabilmente aumentano le tensioni muscolari e le forze di taglio sull’articolazione femore-rotulea e sul compartimento mediale del ginocchio.

La dinamica del passo e i riflessi di stabilizzazione in questa situazione sono completamente alterati e il mantenimento dell’equilibrio risulta più complesso:

va da sè che questa impostazione del ciclo del passo va a minare la stabilità dell’articolazione e della protesi di ginocchio.

Fortunatamente gli impianti protesici di ultima generazione hanno un design che ricalca l’anatomia articolare fisiologica, quindi i capi articolari si presentano estremamente stabili e congruenti: personalmente utilizzo tecniche mininvasive nel pieno rispetto delle strutture tendinee e muscolari per assicurare al paziente la necessaria stabilità articolare e mi avvalgo dell’uso del robot per ottenere parametri più fisiologici per ogni singolo paziente. In questo modo il paziente otterrà velocemente una buona confidenza con l’impianto protesico e un buon recupero muscolare e articolare.

Le stesse attenzioni devono essere tenute presenti anche per quanto riguarda la protesi d’anca: camminando con i tacchi alti, l’anca risulta flessa e intraruotata, il bacino è in antiversione e il tratto del rachide lombare é in iperlordosi. Questo tipo di postura può favorire un’instabilità o un conflitto articolare e ciò richiede che la protesi sia perfettamente stabile e abbia la perfetta congruenza tra le componenti.

Io scelgo di utilizzare per le mie pazienti la tecnica AMIS ad accesso anteriore mininvasivo per garantire loro queste caratteristiche dell’impianto, perché lasciando integri i tendini e i muscoli glutei ed extrarotatori vengono preservate la stabilità fisiologica dell’articolazione e il perfetto equilibrio tra le tensioni dei muscoli da reclutare.

Alla luce di queste premesse mi sento di poter autorizzare le mie pazienti più modaiole e fashion addicted ad indossare di nuovo le scarpe con il tacco, ma vediamo insieme quali devono essere gli accorgimenti più importanti:

• consiglio di tornare ad indossare i tacchi solo a chi ha già ottenuto un’ottima confidenza con l’impianto protesico ed un buon recupero della muscolatura

• l’arto deve avere un asse corretto e l’impianto protesico deve essere perfettamente stabile

• l’uso dei tacchi deve essere l’eccezione, non la regola

• ogni paziente deve essere singolarmente valutato dal chirurgo