Obesità e protesi d’anca con accesso anteriore mininvasivo (tecnica AMIS).

L’obesità è a tutti gli effetti una patologia: è caratterizzata da un accumulo patologico di grasso corporeo valutabile in base all’indice di massa corporea (BMI), cioè in base al rapporto del peso corporeo, espresso in chilogrammi, e il quadrato dell’altezza, espressa in metri. Per esempio, se una persona pesa 75 kg ed è alta 1,73m, il suo BMI è 25.

Parliamo di obesità quando il BMI è pari o superiore a 30 (valore stabilito dall’ OMS).

E’ decisamente frequente che il paziente obeso presenti anche una patologia articolare, poichè grava sulle sue articolazioni con un peso elevato e in genere si muove poco.
Diventa un circolo vizioso perchè il paziente fatica a muoversi per il peso, di conseguenza vengono bruciate meno calorie di quelle introdotte nel corpo con l’alimentazione, e il peso corporeo aumenta sempre di più. Questa spiacevole condizione può favorire la degenerazione cartilaginea, l’impoverimento muscolare e quindi l’evoluzione artrosica.
Nelle statistiche riportate in letteratura, circa il 40% dei pazienti sottoposti ad interventi di protesi di ginocchio e di anca sono obesi.

I pazienti obesi sono sicuramente una sfida difficile per il chirurgo ortopedico: per la gestione medica delle patologie correlate e per la gestione chirurgica con maggiori difficoltà tecniche e maggiori complicanze intra- e peri-operatorie. Questi sono i motivi per cui i chirurghi ortopedici sono famosi per la loro tipica frase: “Eh ma signora mia, prima dell’intervento dobbiamo perdere un po’ di peso”.
Spesso il chirurgo ortopedico scoraggia a priori il paziente obeso, precludendogli l’intervento chirurgico fino al raggiungimento del peso ideale.
Lo spronare il paziente ad una dieta corretta e ad un adeguato stile di vita è fondamentale, ma sappiamo tutti che perdere peso è molto difficile, e spesso il paziente arriva in visita dopo aver provato mille strade per raggiungere un peso corporeo appropriato.
Il paziente obeso artrosico inoltre, è impossibilitato a praticare attività motoria, fondamentale per riequilibrare il metabolismo verso il corretto consumo energetico.
Dati recenti evidenziano tra l’altro che costringere il paziente a cali rapidi di peso pre-intervento non porta a ridurre i tassi di infezione, complicanza che risulta essere particolarmente accentuata in questi pazienti.
Io, come chirurgo, mi trovo quindi a discriminare tra i pro e i contro di ogni decisione, basandomi su evidenze scientifiche.
E’ risaputo che il paziente obeso, sottoposto ad intervento di sostituzione protesica, è più probabilmente esposto allo svilupparsi di complicanze rispetto al paziente normopeso, ma è anche vero che i pazienti obesi hanno una percezione di miglioramento maggiore rispetto ai normopeso dopo l’intervento.

La letteratura scientifica inoltre evidenzia che la durata dell’impianto tra i gruppi di pazienti normopeso e obesi è abbastanza simile: non vengono riportati tassi di revisione dell’impianto maggiori a 10 anni.
MI riservo, alla luce di tutte queste considerazioni, di non negare l’intervento a priori, sulla sola valutazione del BMI.
Certo, incoraggio il paziente a cambiare stile di vita, lo indirizzo da un nutrizionista di riferimento, approfondisco i pro e i contro del caso, ma per risolvere la situazione è necessario trovare un opportuno indirizzo chirurgico.


Nel caso in cui la strada scelta sia quella della sostituzione protesica, adotto tutte le procedure necessarie per minimizzare i rischi ed ottenere i risultati migliori:

  • adeguata preparazione all’anestesia
  • sistemi di recupero sanguineo intraoperatorio
  • uso di antiemorragici in loco e per via sistemica
  • uso di adeguato strumentario con leve maggiori
  • medicazioni avanzate anche a pressione negativa

L’uso di tecniche chirurgiche con accesso anteriore mininvasivo (AMIS) in questi casi è assolutamente da favorire: limitano il danneggiamento delle strutture muscolari e tendinee, permettendo nell’immediato periodo post-operatorio di mobilizzazione precocemente il paziente e di iniziare celermente il percorso riabilitativo con i protocolli fast track.
Negli anni passati era impensabile l’uso di queste tecniche mininvasive in pazienti obesi, ma l’evoluzione della chirurgia ha reso possibile tutto questo, ed ora la tecnica AMIS è considerata una tecnica utilizzabile anche in questi pazienti con ottimi risultati.
I pazienti traggono una grande soddisfazione da questo tipo di intervento: raggiungere l’autonomia in tempi brevi e riprendere le proprie attività giornaliere, dopo un periodo di grave invalidità, crea la giuste prospettive per duraturi cambiamenti delle proprie abitudini per migliorare la propria vita.