Si parla di displasia dell’anca quando nel bambino, ancora nel grembo materno, l’articolazione dell’anca si sviluppa con delle anomalie anatomiche: l’acetabolo risulta poco contenitivo e la testa del femore tende a lussarsi.
Crescendo il bambino avrà purtroppo un’anca instabile con un’articolazione poco congruente, e potrebbe avere dolore e spesso difficoltà nel cammino corretto. Se non viene trattato a tempo debito, questo paziente svilupperà facilmente un’artrosi precoce dell’anca nell’età adulta, in alcuni casi anche in giovane età (40 anni).
La malformazione ossea può essere a carico dell’acetabolo oppure della parte prossimale del femore, e determina una franca instabilità dell’articolazione.
L’anca displasica presenta alcune tipiche caratteristiche anatomiche:
• una marcata antiversione del collo del femore (cioé il gran trocantere é spostato indietro rispetto alla testa del femore)
• valgismo del collo del femore
• acetabolo poco profondo e poco contenitivo
• un’importante contrattura dei muscoli abduttori
• dismetria tra i due arti (cioé differenza di lunghezza tra le due gambe)
• tendenza alla lussazione della testa del femore verso la parte superiore dell’acetabolo
• presenza di ginocchio valgo per compensare la versione del femore
In genere il trattamento di elezione per un’anca displasica artrosica che diventa sintomatica é la protesi articolare, ma tutte le anomalie anatomiche e funzionali che ho citato prima fanno sì che che l’impianto chirurgico risulti una gran bella sfida per qualsiasi chirurgo:
• la scelta della componente acetabolare necessita un’accurata analisi preventiva, poiché anatomicamente un acetabolo displasico spesso ha un orientamento in antiversione, può avere una profondità insufficiente oppure delle malformazioni a carico dei margini laterale e anteriore, quindi facilmente favorenti la lussazione. Queste malformazioni sono poco inclini ad accettare una coppa protesica.
• l’impianto dello stelo protesico deve tener sempre conto del fatto che anatomicamente il collo di un femore displasico presenta una antiversione eccessiva (gran trocantere spostato posteriormente rispetto alla testa), l’angolo tra il collo e la diafisi femorale è sempre valgo e il canale intramidollare in genere é di dimensioni ridotte.
La displasia dell’anca può presentarsi in forma più o meno severa. Per valutare il grado di deformazione dell’anca che stò esaminando, faccio riferimento alla classificazione di Crowe: questa é particolarmente utile perché mi permette di ipotizzare il trattamento più corretto per il paziente. Per esempio per un grado 4 di displasia, ipotizzerò anche un’osteotomia di accorciamento del femore.
Per by-passare queste problematiche mi trovo a dover re-inventare l’articolazione del mio paziente…ma sono sincero: a me le sfide piacciono molto.
• riuscire a posizionare correttamente la componente acetabolare mi permette di creare un nuovo centro di rotazione articolare che sia finalmente funzionale e mi permette di raggiungere l’isometria dei due arti inferiori: in questo modo il paziente otterrà una nuova biomeccanica articolare grazie alla quale anche la funzione dei muscoli abduttori potranno iniziare a lavorare in maniera fisiologica
• nei casi in cui, come dicevo, i margini dell’acetabolo del paziente presentino un margine superiore o laterale malformati e con una porzione ossea insufficiente ad accogliere una componente protesica acetabolare di dimensioni classiche, si interviene con un innesto d’osso o di metallo poroso con caratteristiche simili all’osso trasecolare .Perché metallo poroso? Semplice… Esistono materiali di ultima generazione, come ad esempio il tantalio, che presenta una superficie rugosa e porosa: i pori sono della dimensione ideale perché l’osso biologico del paziente si integri perfettamente col materiale metallico in fase di accrescimento, rendendo stabile la componente protesica
• é possibile impiantare uno stelo protesico dalla conformazione cilindrica stretta adeguata al canale diafisiario del femore
• se abbassando il centro di rotazione dell’anca, l’arto dovesse risultare troppo lungo, si interviene con un’osteotomia (in genere sottotrocanterica) ciò permette di accorciare il femore e correggere la versione ottenendo una corretta funzionalità degli extra-rotatori dell’anca. Come abbiamo visto all’inizio, un femore displasico si presenta malformato e con un’anatomia anomala, situazione che mi preclude spesso di usare uno stelo protesico standard: fortunatamente sono disponibili steli specifici per forma e dimensione.
In conclusione posso affermare che un’anca displasica é sempre una bella sfida, soprattutto perché i pazienti sono molto giovani e con altissime aspettative in termini di veloce ritorno ad uno stile di vita ancora molto attivo. Fortunatamente attualmente posso intervenire anche su questi pazienti con la tecnica mininvasiva anteriore per l’impianto della protesi: così facendo, posso garantire loro di riuscire ad impiantare la protesi rispettando le strutture muscolari (che nel loro caso risultano chiaramente già molto compromesse) e a ad assicurargli un’ottima stabilità protesica
Riuscire a ribilanciare dei muscoli abduttori che hanno sempre lavorato in modo scorretto e renderli funzionali ed equilibrati rispetto agli adduttori non é un gioco semplice. Riuscire ad ottenere ottimi risultati anche in queste condizioni avverse é per me una grande gioia e un grande orgoglio.