“Obesitas” ai tempi dei Romani era lo specchio di una vita agiata e prospera: oggi invece sappiamo che “obesitas” é sinonimo di patologie croniche associate.
Nel mio ambito, quello della chirurgia ortopedica, ho modo di valutare ogni giorno l’impatto che un elevato indice di massa corporea (BMI) ha sull’incidenza di osteoartrosi (OA) relativamente alle articolazioni del ginocchio e dell’anca: attualmente è stato stimato che il 69% delle protesi di ginocchio e il 27% delle protesi d’anca impiantate sono ascrivibili a persone con sovrappeso o obesità.
Il danno a carico delle articolazioni, contrariamente a quanto sarebbe facile dedurre, non é da imputare unicamente alle aumentate forze di carico articolari (dovute all’elevato peso corporeo), ma anche:
• alla perdita di tonicità muscolare (dovuta alla ridotta attività fisica)
• al cambiamento delle leve meccaniche articolari: cambiano completamente al modificarsi dei pattern motori che utilizziamo quando il nostro peso corporeo aumenta considerevolmente. Un esempio per essere più chiari: se aumenta la circonferenza delle cosce, la persona deve necessariamente allargare la base di appoggio dei piedi. e adattare la propria camminata al fatto che é necessario più spazio tra i due arti inferiori per l’ingombro dell’adipe.
• a fattori metabolici che determinano, nel soggetto obeso, lo svilupparsi di uno stato infiammatorio di base che sul lungo periodo può avere un effetto diretto sul tessuto articolare, accelerandone il deterioramento. Infatti nel paziente obeso aumenta anche il rischio di artrosi a carico delle mani per esempio, che certamente non sono sottoposte ad aumento del carico dovuto al peso corporeo. Non é ancora stato dimostrato, ma si pensa che la degradazione dei tessuti (cartilagine, sinovia e osso) sia dovuta all’alterazione delle vie metaboliche delle adipochine in relazione proprio a questo stato infiammatorio: i recettori della leptina e della adiponectina, in particolare, si trovano proprio sulla superficie dei condrociti, dei sinoviociti e degli osteoblasti; inoltre la leptina favorisce l’attività degli enzimi degradativi e delle citochine che stanno alla base dello sviluppo dei processi infiammatori.
Nel paziente obeso la degenerazione cartilaginea si accelera al punto di anticipare di circa 10 anni la necessità di sostituzione protesica artricolare dell’anca o del ginocchio. Il problema sarà poi anche relativo al periodo post-operatorio, sia per le complicanze sia perché la riabilitazione sarà decisamente più lenta e difficoltosa.
C’è uno studio molto interessante di Messier et al. che ha dimostrato che, a fronte di una perdita di un solo kg di massa grassa, si determina sul ginocchio una diminuzione di carico articolare di ben 4 kg durante il passo: non è questa la sede per spiegare il perché, grazie alle leve che distribuiscono i carichi, venga moltiplicato il beneficio, ma sono convinto che questo miglioramento, che si traduce poi in termini di miglioramento della sintomatologia, possa essere tra le molle scatenanti nel paziente la voglia di volersi sentire sempre meglio a tutti i costi. Potrebbe essere un buon punto di partenza.
É consigliabile affrontare un percorso di perdita di peso PRIMA di arrivare all’intervento in modo da ridurre lo stato infiammatorio di base di cui abbiamo parlato (favorendo quindi il riassestamento dei livelli delle citochine) e per limitare il rischio di complicanze chirurgiche: mi rendo però conto che questo è un obiettivo di difficilissimo approccio, perché il paziente si trova ad affrontare un dolore a volte insopportabile, e questo rende quasi impossibile svolgere l’attività fisica necessaria al dispendio energetico utile per il calo ponderale…inoltre convivere con il dolore porterebbe chiunque ad essere maldisposto nei confronti di una dieta di grandi sacrifici e limitazioni.
Eppure é un traguardo importante da raggiungere, poiché é stato dimostrato anche da Forsythe et al. che, ad una perdita di peso importante, si associano una significativa diminuzione della produzione di adipochine infiammatorie associate al peggioramento del danno cartilagineo (in particolare la proteina C-reattiva, fattore di necrosi tumorale, interleuchina-6), una considerevole riduzione della sintomatologia dolorosa e della disabilità nello svolgimento delle attività di vita quotidiana.