La cartilagine jalina è un tessuto altamente differenziato che ricopre le superfici articolari dell’osso. Questa membrana permette lo scorrimento tra le strutture ossee che compongono l‘articolazione, riducendone l’attrito e la compressione.
La cartilagine jalina è costituita da una matrice acellulata (gelatinosa), costituita da tessuto connettivo, filamenti di proteoglicani, acido ialuronico, acqua e condrociti (questi ultimi sono le uniche cellule presenti nella cartilagine e sono responsabili del mantenimento e della produzione della matrice stessa).
Grazie a questa particolare consistenza gelatinosa, il tessuto cartilagineo è solido ma non rigido, per adattarsi facilmente allo scorrimento dei capi articolari e per garantire la funzione di “ammortizzatore dei carichi” propria della cartilagine.
La cartilagine, sottoposta al carico, si comprime come una spugna, e come una spugna, in fase di scarico, si rilascia; questo meccanismo permette alla cartilagine nella fase di compressione di liberarsi dei cataboliti (sostanze di degradazione) e in fase di scarico di assorbire il liquido sinoviale, unico nutriente cartilagineo.
La cartilagine infatti non è vascolarizzata e non ha altra possibilità di assorbire sostanze nutritive necessarie, se non assorbendole dai tessuti vicini: questo è il motivo per cui è un tessuto così delicato. Una volta lesionata non è più in grado di auto-ripararsi come possono fare altre strutture (ad esempio la cute o i muscoli), poichè non ha capacità di cicatrizzazione.
Da circa 20 anni si cerca di sviluppare delle tecniche di riparazione del tessuto cartilagineo con risultati più o meno soddisfacenti.
- I primi tentativi sfruttavano perforazioni dell’osso subcondrale per favorire una cicatrice che potesse mimare la cartilagine, con risultati non duraturi nel tempo e caratteristiche della cicatrice differenti rispetto alla cartilagine nativa .
- Diverse ricerche hanno portato ad utilizzare metodiche di amplificazione della cartilagine autologa ( dello stesso paziente), mantenendo il limite di morbosità legato al prelievo (si esegue un prelievo dallo stesso paziente di alcuni millimetri quadrati, in zona di minor carico), il limite è quello di dover impiantare tale cartilagine su un osso denudato e quello di dover eseguire un secondo intervento per l’impianto dello scaffold ottenuto. La cartilagine così ottenuta presenta caratteristiche più vicine a quelle native, nei casi di corretto attecchimento, che non è comunque garantito poiché deve crearsi una adesione tra lo scaffold e l’osso subcondrale.
- Negli ultimi anni la ricerca si è spostata nel cercare di ottenere condrociti e cartilagine da cellule progenitrici e le scoperta fondamentale è stata quella di capire che nel grasso si ha un’alta concentrazione di cellule che sottoposte ad adeguati stimoli si trasformano in condrociti o altre cellule fondamentali in alcuni tessuti articolari: le cellule mesenchimali.
Il sistema di prelievo e infiltrazione LIPOGEMS è un kit monouso per la lipoaspirazione, preparazione ed innesto di tessuto adiposo prelevato dallo stesso paziente. L’intera procedura avviene in un’unica seduta, sterilmente ed a livello ambulatoriale.
Il prodotto ottenuto con la tecnica LIPOGEMS è tessuto adiposo ridotto in piccoli frammenti che vengono progressivamente ridotti di dimensione e purificati: questo prodotto conserva le caratteristiche biologiche del tessuto connettivo adiposo naturale, ma grazie alle ridotte dimensioni delle cellule può essere iniettato attraverso aghi sottili con minimo traumatismo.
Il derivato grassoso ottenuto con Lipogems ha un ruolo nella rigenerazione tissutale grazie all’elevato contenuto di cellule mesenchimali, e infiltrato nella cavità articolare del ginocchio ( anca, spalla, ecc), svolge una funzione viscosupplementativa.
La procedura ha una durata di circa 40 minuti complessivi, per il prelievo grassoso, per la preparazione del prodotto da infiltrare e per l’infiltrazione dello stesso.
Il paziente può camminare da subito, osservando però un periodo di riposo di 48 ore.
Preferisco consigliare al paziente l’uso di una comune panciera addominale nei 4/5 giorni successivi al prelievo, per prevenire gli ematomi, che risultano comunque estremamente rari.
La rigenerazione tissutale è un processo lungo che avviene e si amplifica nel corso dei primi 6 mesi ed è in grado di incrementare progressivamente la funzionalità delle articolazioni, migliorando la qualità della vita e spesso evitando la necessità di sottoporsi ad interventi chirurgici invasivi.
Le nuove metodiche devono portarci a prevenire o quantomeno a procrastinare nel tempo chirurgie più invasive; il mio pensiero è quello di trattare le patologie minori con il minor traumatismo possibile per il paziente.